Perizia Grafologica sulle anonime

image (5)Sono sempre più diffuse negli ultimi anni, le verifiche di scritture o lettere anonime ad opera di autori talvolta difficili da identificare.

Ciò che maggiormente rende ardua la ricerca del responsabile è la tecnica usata dall’autore dell’anonima.

Al grafologo si presentano spesso casi molto complessi e talvolta anche insolubili a causa della mancanza di idonee scritture di confronto ma soprattutto per l’impossibilità di identificare all’interno dello scritto in verifica elementi di spontaneità sufficienti per un confronto con le grafie autografe.

Un altro ostacolo notevole è costituito dalla non omogeneità delle scritture. Vengono proposte al consulente scritture in corsivo quando l’anonima è in stampatello o viceversa.

Anche le scritture anonime murali possono essere insidiose se non si tiene conto nel corso della verifica della diversità di dimensione del testo e delle eventuali modificazioni che possono intervenire nella grafia.

Se dovete verificare l’autore di un’anonima, chiamate lo 0532 869696 o il 335 6158695. 

Desideriamo proporvi uno stralcio di una relazione tenuta da Pietro Pastenà nel corso di un convegno a Palermo nell’aprile 2006 di grande interesse peritale. Ecco alcuni passi del suo intervento: “L’esame di uno scritto anonimo fornisce indicazioni innanzitutto sulla fascia d’età del suo autore, se cioè egli è un adolescente, un uomo maturo o un anziano, tenendo sempre presente che è possibile incontrare l’anziano dalla scrittura vigorosa e giovanile. Stabilire la fascia d’età, più che l’età vera e propria (cosa che non è possibile) è utile nel caso la scrittura sia riferibile ad adolescenti: capita infatti che la lettera anonima si riveli essere nient’altro che una bravata, un gioco fra ragazzi.

Non è possibile stabilire il sesso dalla scrittura, come attestato da numerosi studi sperimentali, ma invece è possibile stabilire il livello culturale del suo autore: a meno che però l’autore non abbia scientemente dissimulato la propria scrittura, come è avvenuto in un caso occorso in un piccolo centro della Basilicata alcuni anni or sono: una lunga serie di lettere anonime, vergate con grafia insicura ed elementare, infarcite di errori di ortografia, vennero appunto attribuite da due grafologi a persona di scarsa cultura, indirizzando le indagini verso i contadini del posto. Arrivò però dopo un certo tempo un’ultima lettera, scritta questa volta in italiano forbito con grafia elegante, nella quale l’autore annunciava la fine dell’azione persecutoria confessando di avere fino ad allora dissimulato la propria scrittura per sviare i sospetti (come si vede, riuscendo bene nell’intento).

Si tenga però presente che simulare errori di ortografia o di grammatica non è semplice: mi è capitato un caso in cui proprio l’eccesso di errori (tutte le lettere doppie erano state omesse, come anche gli accenti) risultava non credibile, in quanto il contesto sintattico e lessicale denotava invece una certa cultura.

Altro possibile dato ricavabile dallo scritto anonimo è il portamento del suo autore, inteso come “manifestazione esteriore del proprio modus vivendi” (Crotti, 1998). E sarebbe allora interessante andare a “ripescare” la grafologia somatica di Moretti (1960), considerata finora dagli studiosi di grafologia un po’ come una bizzarria (con qualche eccezione, come Torbidoni e Zanin e più recentemente M. Caria), sottoponendola anche a verifica sperimentale: se fosse vero ad esempio, come afferma Moretti, che dalla scrittura si può risalire all’altezza del suo autore, seppure con un grado di probabilità elevata, si tratterebbe di un dato di estrema importanza nelle indagini.

Dalla scrittura si può inoltre tracciare, con gli strumenti della grafologia, un quadro della personalità del suo autore (Crotti, 1998; Aloia, 1998; Vigliotti, 1999). Sono qui però necessarie due osservazioni.

Innanzitutto, gli scritti anonimi sono spesso dissimulati e questo limita la spontaneità del tratto e la possibilità di un’analisi; e questo, seppure in parte, vale anche per lo stampatello, adoperato spesso dall’anonimografo nella convinzione che la scrittura sia così non identificabile, il che, disponendo di adeguato materiale di confronto, non è vero (Armistead, 1984).

In secondo luogo, come deve essere articolato un identikit grafo-psicologico dell’anonimografo? Una utile indicazione si ritrova nel saggio sopra citato dell’Aloia, dove l’autrice esamina le lettere di rivendicazione del pacco-bomba che alcuni anni fa aveva ferito due bambini Rom a Firenze. Il quesito del PM riguardava la possibilità di riconoscere l’anonimografo, cosa fare in caso di incontro e quali tecniche anche non verbali usare durante l’interrogatorio: ed è certamente un modo corretto di impostare la richiesta avanzata al perito. Ma se così è, allora un’analisi grafologica secondo categorie caratterologiche un po’ datate, finalizzata, come è stato da alcuni proposto, a reperire i segni dell’invidia, dell’orgoglio, della gelosia, della vanità, della sfacciataggine e via dicendo, è molto poco utile all’inquirente”.